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Fred Petereit


Il mio collega, pittore americano degli “anni 50” dopo l’Accademia si era trasferito da Chicago a Parigi.
In quell’epoca mi scriveva spesso a Roma, dove a volte veniva a trovarmi e la sua calligrafia spigolosa e frizzante, come lui sprigionava grande entusiasmo.
Avevamo studiato all’Art Institute di Chicago assieme, stessa classe. Fred era molto influenzato dai pittori impressionisti e dall’espressionismo tedesco, rimanendo nell’ambito della pittura figurativa. A Parigi abitava a rue Lepic, a Montmatre, dove le strade e le case erano rimaste ancora quelle dipinte da Maurice Utrillo .
Pur essendo pieno di problemi pratici Fred rimaneva un’ entusiasta. In arte per lui l’essenziale oltre la forma erano soprattutto i toni, le trasparenze . Apprezzava Modigliani, Roualt e i simbolisti: era alla ricerca di armonie delicate e preziose che gli provenivano dal suo animo e dalle luci tagliate del suo mondo.

Fred Petereit – nato a Chicago, Illinois USA, il 31 agosto 1923
1946-49: studia all’Art Institute di Chicago.
1949-51: studia all’Accademia Julian a Parigi.
1951-53: soggiorna in Marocco, esposizioni individuali e di gruppo a Casablanca.
1953-55: soggiorna in Spagna, esposizione individuale a Cordoba.
1956: installazione a Parigi, quattro esposizioni personali e numerose esposizioni di gruppo. Le sue opere compaiono in numerose collezioni negli Stati Uniti.
“…LE SUE OPERE RECENTI HANNO COME VERO TEMA LA LUCE. E QUESTA LUCE PALLIDA DORATA O BLUASTRA, CHE PENETRA IL COLORE E LE FORME, UNIFICA E TRASFERISCE LA REALTA’ IN UN CLIMA DI SOGNO.”
G. Breerette “LE MONDE”


John De Rosa

John De Rosa di lontana origine italo-inglese nel 1947 arrivava a Chicago dalla California dove da tempo risiedeva la famiglia.
Entrato all’Accademia dell’Art Institute di Chicago dove lo conobbi, divenne presto oggetto di interesse di vari professori, per la bellezza del suo disegno e per l’atmosfera sognante dei suoi volti. Era sicuramente un sognatore, influenzato nello stile dal quattrocento italiano e forse anche da alcuni simbolisti francesi fine ottocento.
Diceva di essere nato su un’onda sonora dell’Atlantico e poi del Pacifico. Adorando la musica esprimeva questo suo essere senza frontiere nella sua arte.
Ispirato dalla letteratura e dal sogno, più tardi purtroppo dovette anche affrontare il contatto con la realtà produttiva americana che aveva le sue esigenze. Ebbe successo anche nel campo pubblicitario, ma la rivolta avvenne verso la fine della sua carriera; quando come per molti americani benestanti e di successo si prospetta un lungo soggiorno in Florida. Lì ci fu il grande rifiuto e si oppose a quel destino convenzionale. E di questo quasi ne morì.






Bruno Marquardt
Bruno Marquardt – Insterburg 11/2/1904 – Positano 5/2/1981
Espressionista mediterraneo
Così venne definito questo pittore tedesco, della Prussia Orientale assieme ad un gruppo di artisti che si erano stabiliti sulla costiera amalfitana, Positano , Amalfi e dintorni negli anni ’40 – ’50. Ci siamo incontrati nel 1948 quando ho passato un periodo di vacanze a Positano, venendo da Chicago, dove studiavo. Il nostro incontro è divenuto poi famoso all’epoca per la canzone scritta da Murolo: Scalinatella. Bruno Marquardt era già a Positano da parecchi anni, la sera sul mare alla “Buca di Bacco” tutti si conoscevano; pittori, commediografi, funzionari della rai. Murolo subito utilizzò la mia piccola storia creando la Canzone di Positano. Con Bruno Marquardt parlavamo molto, mi raccontava come era fuggito dal nazismo, mentre suo fratello era stato ucciso. L’atmosfera era unica e spesso con le barche di notte raggiungevamo “l’Isola dei Galli” un isolotto di proprietà di MASSINE che danzava da solo alla luce delle stelle. Le grandi camere bianche con soffitto a cupola creavano un’atmosfera orientale, venivano a posare per me i giovani pescatori, e quello che ho scritto e dipinto allora mi sembra ancora valido. Un libro pubblicato dalla Sovraintendenza ai musei di Amalfi parla di quei pittori tedeschi che con Kurt Kramer e Bruno Marquardt hanno animato la vita artistica di Positano.
Carlo Levi
1902- 1975 pittore, scrittore, medico
Ho conosciuto Carlo Levi a Chicago nel 1947 quando venne negli Stati Uniti in occasione della prima edizione in lingua inglese del suo libro “CRISTO SI È FERMATO A EBOLI”. A quell’epoca avevo sedici anni e studiavo all’Art Institute di Chicago. Nel 1945 mio padre, diplomatico, ebbe l’incarico di riaprire il Consolato Generale d’Italia a Chicago, in seguito alla riapertura della nostra Ambasciata a Washington. Fu possibile così riallacciare i rapporti con gli Stati uniti, interrotti durante la guerra.
Gli italiani che potevano farlo, politici o intellettuali, venivano negli Stati Uniti per riaffacciarsi al mondo. Carlo Levi, pittore, scrittore, filosofo e medico, confinato dal regime fascista nella remota Lucania all’epoca della guerra d’Etiopia, nel suo libro “CRISTO SI È FERMATO A EBOLI”, ha saputo scrivere su quel mondo contadino avendo vissuto tale memorabile esperienza. Il suo lavoro fu subito capito, la sua pittura forte, incisiva, mi era piaciuta e in quella occasione, nel ’47, gli avevo mostrato i miei lavori. Mi incoraggiò molto sulla necessità di dover esprimere tutte le mie sensazioni. Adolescente quale ero, fui profondamente colpita dalle parole di Carlo Levi e ripenso alle sue descrizioni della Lucania: “Nessun messaggio né umano né divino ha potuto raggiungere la profonda povertà di quel mondo, né i Greci né i Romani ci arrivarono mai …”




Benedetta Marinetti

Benedetta Marinetti, pittrice futurista, moglie di F.T. Marinetti inventore del Movimento che iniziò a Parigi con la pubblicazione del manifesto futurista sul “Le Figarò” del 20 febbraio 1909. Nel 1949 ho conosciuto Benedetta Marinetti che dopo la scomparsa del marito nel 1944, risiedeva con le figlie Vittoria, Ala, Luce in un’antica casa liberty, in una traversa del Lungotevere Arnaldo da Brescia. Naturalmente l’appartamento era denso di importanti opere futuriste dipinti e sculture che per la maggior parte si trovano nei musei americani. Benedetta si è interessata della mia pittura e mi chiedeva di accompagnarla alle mostre. Abbiamo seguito insieme un corso di pittura giapponese all'”ISMEO” dove mio padre a quell’epoca presiedeva il settore riguardante il Ceylon. Benedetta diceva che i giapponesi avevano un’impostazione completamente diversa del disegno e della pittura, che addirittura “partiva dal gesto”, e questo la interessava essendo rimasta nell’animo sempre all’avanguardia.
Una volta mi ha chiesto di accompagnarla al Teatro della Cometa dove un comitato promosso da Mosca tentava di far riconoscere che il futurismo fosse di origine russa mentre in realtà gli artisti russi videro e si ispirarono a Marinetti. La serata alla Cometa resta per me indimenticabile: gremita di gente anche in piedi. Sul palco presiedeva Giulio Carlo Argan. Quando dissero che, in fondo, non c’era nessuna prova che Marinetti fosse stato in Russia, Benedetta un po’ tremante si alzò dalla platea mostrando la lettera di suo marito da Mosca.
Quella pretesa da parte della Russia fu archiviata.
A quell’epoca pur avendo studiato all’Accademia d’Arte avevo solo 19 anni e l’incontro con Benedetta Marinetti e il Futurismo nel contesto romano del dopoguerra è stato per me molto importante.
In seguito Benedetta Marinetti accompagnò al mio studio Christian Zervos – filosofo, critico d’arte, direttore dei “Cahiers d’Arte”, che rappresentano l’arte moderna del novecento.
Benedetta mi regalò il suo terzo libro “Astra e il sottomarino” del 1935. Sono rimasta sempre in contatto con lei, con Vittoria, Ala e Luce, anche da New York e da Londra.


Il Fronte Nuovo delle Arti e gli anni ’50 alla Galleria del Pincio di Roma
Tornata a Roma dagli Stati Uniti nel 1949 ho incontrato alcuni pittori del movimento “Fronte Nuovo delle Arti” che esponevano alla Galleria del Pincio di Piazza del Popolo. Fra questi, Armando Pizzinato, Giuseppe Zigaina, Giulio Turcato, Ernesto Treccani ed altri, che avevano rielaborato le esperienze post-cubiste per approdare ai confini con l’astrazione. Avendo condiviso le esperienze post-cubiste io stessa, nel mio periodo americano mi sentivo vicina a questo movimento. La Galleria del Pincio di Roma rappresentava un punto d’incontro per i pittori ed era frequentata da artisti e scrittori, da “gente del Babuino” come scriveva Ugo Moretti che così intitolò uno dei suoi libri. Ugo Moretti dirigeva la galleria con Anna Salvatore: pittrice “audace e terribile” come la chiamava Ungaretti; infatti era il personaggio intorno al quale si muoveva la galleria. Il suo quadro più famoso: “Gli amanti di periferia”.



Tutti questi artisti sono scomparsi in questi ultimi anni – ma già da vario tempo Roma era cambiata, come scriveva Mario Lunetta nella prefazione del libro “Gente del Babuino”. Quella di allora era una Roma urbana e non metropolitana, era calda, accogliente, anche alquanto pagana e sensuale. Allora spirava il famoso “vento caldo” titolo di un libro di Ugo Moretti – Viareggio 1949. In quell’epoca, a prescindere dalla nota influenza della “scuola romana” a Roma si faceva sentire l’influenza del “Fronte Nuovo delle Arti”, di Guttuso, Santomaso, Pizzinato, Zigaina che creavano esempi vigorosi e personali dell’arte italiana del dopoguerra. Senza dimenticare Cagli, Afro e Vespignani. Gli incontri avvenivano sempre fra via del Babuino, via Ripetta e Piazza del Popolo.






Luigi Verderame 1902-1976 Pittore futurista (pseudonimo Gino Sapio)

Ricordato tra i primi fondatori del Futurismo, ha sempre partecipato alle iniziative del Movimento dal 1919 (con MARINETTI alle riviste “Roma Futurista” e “L’isola e l’immaginario”).
Vedi libro Futurismo e meridione,Electa 1996
A 18 anni, con BALLA, nel 1920, fondò “Sezione Futurista Italiana”. Sempre nel 1920 si occupò dell’”Aereo Poetica”, del Teatro Futurista con VOLT e SCAPARRO. Quando ho conosciuto Verderame, al mio ritorno da Londra dopo il 1960, venne al Bateleur, nella mia galleria e centro culturale di via dei Coronari, e mi portò delle opere futuriste ed alcune statuette, sue creazioni. Verderame a quell’epoca, malgrado l’età, era molto in forma con i suoi baffi futuristi, e ci raccontava tante importanti esperienze del suo passato. Mi volle fare un ritratto che conservo, che reca nel retro una tipica dedica futurista: FEMMINILITA’ + AUDACIA + ARTE + MODERNISMO + CHIAROVEGGENZA + ESOTISMO + CURIOSITÀ’, firmato Luigi Verderame 1974.
Ho conosciuto altri futuristi e le loro opere, fra cui TATO, BENEDETTO e altri che in quegli anni erano ancora attivi, ed ho avuto la fortuna di incontrare ARDENGO SOFFICI ad un “recital” in una sala di conferenze a Piazza Colonna – fra le sue opere ricordiamo Cubismo e Futurismo e oltre, Firenze 1919.

